Successo manifestazione. Moroni reintegrato all’Ao

salviamomaternita-corteo-20150131

Nonostante il clima rigido, la manifestazione di sabato 31 in difesa del punto nascita dell’Uboldo – la seconda dopo quella di ottobre – si è rivelata un successo, portando nuovamente per le strade un migliaio di persone.

Dopo il raduno alle 9:30 in piazza Gavazzi a Cernusco, il corteo ha sfilato per le vie del centro cittadino fino a piazza Conciliazione, davanti all’oratorio SACER, dove nel pomeriggio si sarebbe tenuto un presidio in concomitanza dell’evento CSI “24 ore di idee per lo sport”  che lì si svolgeva.

Il sindaco di Cernusco S/N, Eugenio Comincini, è intervenuto al raduno in piazza Gavazzi ma non ha partecipato al corteo, richiamato da altri impegni istituzionali già fissati in precedenza. Il sindaco ha ribadito che gli spazi di manovra ora sono stretti, ma confida nelle vie legali e lamenta il fatto che la proposta dei sindaci fatta a fine novembre (Melzo e Cernusco integrati in una sorta di “ospedale unico con due gambe” e Gorgonzola sede dell’ASL) sia rimasta lettera morta. Presente anche la consigliera regionale Maria Teresa Baldini, che a dicembre aveva anche presentato una mozione per chiedere la sospensione della delibera di chiusura del punto nascita.

Punto nascita che ha aperto le porte a una delegazione di manifestanti, al termini del corteo. Le persone hanno potuto salire in reparto, compatibilmente con le ovvie esigenze di igiene e sicurezza delle pazienti ricoverate, per visitarlo, e per vedere i nuovi spazi pronti da un anno e mai autorizzati ad essere usati: si tratta di una nuova sala parto con attigua sala operatoria dedicata, per gestire immediatamente eventuale urgenze.

Ho avuto personalmente la fortuna di poter visitare questi spazi prima dell’inizio della manifestazione. E dato che un’immagine vale più di mille parole, e un video forse anche di più, ecco un piccolo filmato che ho realizzato (il locale in giallo nella seconda parte è la sala operatoria):

maternitacsn-nuovasalaparto-20150131

La ristrutturazione del reparto e la realizzazione dei nuovi spazi è costato alle casse pubbliche 600.000 euro, che ora la Regione vorrebbe buttare via smantellando tutto.

La situazione attualmente è in una fase di stallo. Ricordiamo a tutti che in questo momento il punto nascita di Cernusco è aperto e funzionante, e che è possibile iscriversi ai corsi pre-parto.

Le notizie di chiusura hanno però provocato purtroppo un calo di utenza negli ultimi due mesi del 2014 e in questo mese di gennaio. Calo che però, dai primi dati disponibili, sembra non essersi riversato in modo significativo sull’ospedale di Melzo. Situazione prevedibile, dato che la fetta di popolazione straniera che affluiva in massa all’Uboldo, anche a piedi data la mancanza di mezzi propri, ricorre ora all’ambulanza, che porta la partoriente all’ospedale più vicino, ossia il San Raffaele. Ospedale su cui, stando ai dati ufficiali, si rivolgerà la maggioranza del bacino di Cernusco, seguito da Vimercate, Monza e poi i presidi milanesi specializzati.

Sembra che a breve possano esserci sviluppi, dato che circolano voci della volontà dell’Azienda ospedaliera di Melegnano di cominciare il trasferimento a Melzo addirittura col mese di marzo, contrariamente a quanto trapelato in precedenza (reparto cernuschese aperto almeno fino a giugno). Da più parti questa accelerazione è stata associata alla notizia della presentazione di un esposto alla Procura della Repubblica e di altri provvedimenti legali e politici, che potrebbero bloccare l’intero iter. Se l’Ao ufficializzasse queste voci con un comunicato scritto, significherebbe chiudere il reparto con mese scarso di preavviso, e a soli 5 mesi dalla delibera regionale. Chiudere un reparto aperto da 50 anni in 5 mesi, strana rapidità per un Paese come l’Italia non famoso per la sua snellezza procedurale e burocratica. E, soprattutto, chiudere senza uno straccio di motivazione che stia in piedi.

Ultimo colpo di scena in questa strana vicenda è la notizia del reintegro a direttore dell’Azienda ospedaliera di Paolo Moroni, allontanato per sospetti illeciti relativamente a gare d’appalto, e reintegrato in modo effettivo da questa settimana.

Fino allo scorso maggio, quando Moroni era ancora in carica, l’orientamento di ASL e Ao era – come logico – di accorpare Melzo a Cernusco. Poi a luglio, con l’azienda commissariata e la pausa estiva di mezzo, i primi accenni di ripensamento che hanno portato ai primi di ottobre all’inaudita decisione della Regione.

Che il ritorno del dott. Moroni possa cambiare qualcosa, interrompendo una strada che appare già segnata? Non sappiamo dirlo, ma lo speriamo. Perché chiudere Cernusco significa spianare la strada all’automatica chiusura di Melzo, incapace – non per propri demeriti ma per ragioni demografiche e geografiche – di passare dai 407 parti del 2013 ai mille necessari per sopravvivere ai successivi accorpamenti.

E ricordiamo ai politici e ai cittadini di Melzo e di tutta la Martesana che in quel caso l’accorpamento non sarebbe con Cernusco, distante una decina di chilometri, ma con il presidio di Vizzolo Predabissi (Melegnano).

Precedente Sabato 31 gennaio manifestazione a Cernusco Successivo Il 1° marzo Cernusco chiude. S.Raffaele apre nuove sale parto